mercoledì 15 ottobre 2008

Il museo e la conservazione delle opere d'arte.

RECENSIONE:

Il museo Borgogna di Vercelli nasce alla fine del secolo scorso come galleria aperta al pubblico per volere del suo stesso fondatore, Antonio Borgogna. Rappresentante dell'alta borghesia vercellese e animato da una profonda passione verso l'arte, egli indirizzò gran parte delle sue risorse alla realizzazione di un progetto di abitazione-museo che accogliesse la sua raffinata collezione. Nelle sale della sua bella villa neoclassica raccolse dipinti, arredi e oggetti acquistati nel corso di frequenti viaggi o grazie ai numerosi contatti che intrattenne con gli artisti e i critici suoi contemporanei. Tra le pareti della villa vennero ad affollarsi opere d'arte rinascimentale, dipinti del Seicento e del Settecento e opere dell'Ottocento. Gli ambienti furono arredati riccamente con mobili e finiture di artigianato, secondo il modello delle grandi case-museo, prima fra tutte quella di Gian Giacomo Poldi Pezzoli a Milano. Oggi e' una delle piu' importanti pinacoteche italiane; la seconda in Piemonte. Raccoglie dipinti dal XIV al XIX secolo e opere contemporanee di pittori italiani, fiamminghi, tedeschi e olandesi.
Il museo organizza numerose iniziative laboratoriali rivolte alle scuole ed è spesso teatro di eventi volti a risvegliare nel pubblico l’interesse per l’arte e diffondere conoscenza sulle opere presenti nel museo.*

La dottoressa Lacchia, curatrice del museo, ha illustrato con linguaggio puntuale, ma semplice, le molteplici attività condotte all’interno e ‘intorno’ al museo, necessarie perché il museo possa vivere ed ospitare opere e visitatori. In particolare si è soffermata sulle tecniche di conservazione e restauro dei dipinti. La serata si è conclusa con un piccolo dibattito sulla riproducibilità delle opere a scopo conservativo: dalla platea qualcuno ha infatti ipotizzato che sarebbe auspicabile non esporre gli originali al fine di limitarne la corruzione, come già, ad esempio, avviene per la Sindone o il David di Donatello.

Nasce allora spontanea una domanda: a cosa è legata la percezione estetica di un’opera nella mente dell’osservatore? Dipende solo dalle sue caratteristiche intrinseche, oppure esiste un contenuto intangibile che aggiunge una qualità irriproducibile alle opere esposte? E da quali elementi è composto questo contenuto intangibile?

*Per ulteriori approfondimenti vi consiglio il sito del museo e il libro: MUSEO BORGOGNA . STORIA E COLLEZIONI, di LACCHIA CINZIA-SCHIAVI ALESSIA

venerdì 3 ottobre 2008

Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita

RECENSIONE:

Il Prof. Giacobbe si sente indubbiamente più a suo agio su un palcoscenico e sotto le luci di un riflettore che dietro la cattedra; e non ne fa mistero. Anzi, incalza il pubblico con aneddoti sulla sua vita professionale sempre in bilico tra comparsate cabarettistiche e lezioni all’università, dove insegna già da molti anni. Ci racconta perché ha deciso di scrivere il suo primo libro, quello che ha dato titolo all’intervento e lo fa con uno stile ‘popolare’ in cui introduce l’uso di termini scurrili e boccacceschi nel tentativo (vano per alcuni presenti) di proporre, in una sorta di moderna lingua ‘volgare’ , alcuni temi delle neuroscienze e del pensiero orientale altrimenti difficilmente comprensibili al neofita. Il suo scopo è quello, afferma, di aiutare la gente comune a liberarsi di alcuni blocchi psicologici attraverso la conoscenza dei nostri processi mentali. Intento raggiunto nel libro, divertente e discorsivo, ma rigoroso nelle spiegazioni; solo parzialmente raggiunto invece dalla conferenza, che, tra mille digressioni, si focalizza sulla spiegazione di cosa sono le ‘seghe mentali’ e da cosa originano, facendo però poca chiarezza sul come si possano evitare.

In buona sostanza, apprendiamo che il pensiero non può essere controllato volontariamente. I nostri pensieri sono infatti il frutto di un’emersione spontanea di ricordi, associazioni mentali ed emotività provenienti dal nostro magazzino di esperienze, nascosto sotto il confine della coscienza, in risposta a stimoli dell’ambiente. Per evitare di essere travolti da questo fiume in piena, non possiamo che ‘svuotare la mente’ attraverso semplici tecniche (es. di respirazione) che semplicemente spostano la nostra attenzione sul ‘qui e ora’ . Le ‘seghe mentali’, o pensiero nevrotico, sono infatti sempre ‘altrove’: ci allontanano dalla realtà e dal presente e non sono finalizzate ad ottenere un risultato. In quanto tali sono inutili, oltre che senz’altro spesso moleste. La personalità nevrotica non agisce sulla realtà, non si ingegna, per esempio, per superare gli ostacoli, preferendo trastullarsi con mille pensieri su quello che ‘avrebbe potuto/potrebbe fare se…’ fino al momento in cui il contatto con la realtà che lo circonda si interrompe. Ma qui entriamo negli ambiti delle patologie ed è tutta un’altra storia… A noi basterebbe già sapere come imparare a godersi un po’ di più la vita. A tutti coloro che desiderano approfondire consiglio perciò senza dubbio la lettura del libro di G.C. Giacobbe.